Ci sono una manciata di discorsi in Macbeth che voglio fare prima del nostro tempo insieme giunge al termine (lo so, manca un mese, ma per qualche ragione oggi * – mentre scrivo – sento che semplicemente non ci sarà abbastanza tempo). E poiché non c’è giorno come oggi per iniziare, iniziamo con “domani” …
Mentre ci avviciniamo alla conclusione dello spettacolo, Macbeth viene a sapere della morte di sua moglie e risponde,
Sarebbe dovuta morire d’ora in poi.
Ci sarebbe stato un tempo per una parola del genere.
Domani e domani e domani
Si insinua con questo ritmo meschino di giorno in giorno
Al ultima sillaba del tempo registrato,
E tutti i nostri ieri hanno illuminato gli sciocchi
La strada verso una morte polverosa. Spenta, spenta, breve candela!
La vita è solo un’ombra che cammina, un povero suonatore
Che si pavoneggia e agita la sua ora sul palco
E poi non si sente più. È una storia
Raccontata da un idiota, pieno di rumori e furia,
Senza significato.
- Vv17-28
Se ti concentri troppo sulla parola “dovrebbe” in quella riga di apertura, la frase diventa dura, come se sarebbe dovuta morire dopo, ma non adesso, nel bel mezzo della preparazione alla guerra. Ma non credo che sia questa l’intenzione. Sì, moriamo tutti. Ma sarebbe dovuta morire in futuro. La linea è corta, lunga solo tre piedi. Quell’enorme pausa alla fine di questa frase per me indica che è l ‘”aldilà” a cui dovremmo pensare. Nel tempo a venire. Quella sorta di intensità, penso sia supportata dalla scansione della linea, che sento sia stata presa a calci non da un giamb o da uno spondee (entrambi sottolineano che “dovrebbe”), ma piuttosto un trochee.
Avrebbe dovuto morì in seguito.
Questo pone l’attenzione su sua moglie e sul tempo a venire. Quel senso di preoccupazione temporale continua nella riga successiva, in cui “tempo” stesso è la sillaba accentata nel terzo giamb. Anche l’intensità è nella scansione: quel primo piede è un giamb, che mette l’accento sulla parola ” sarebbe ”(questo è il caso anche per uno spondee; e penso che non ci sia modo che questo primo piede sia un trochee, mettendo l’accento su” lì “):” un desiderio o intenzione condizionato o indeciso “(” sarebbe, n .; a. “Oxford English Dictionary Online. Oxford University Press, giugno 2016. Web. 19 giugno 2016.), qualcosa per il futuro.
Ci sarebbe stato un tempo per una parola del genere.
La linea completamente giambica termina con “parola”, una parola per la quale ci sarebbe stata “un tempo” (non “tempo”, intendiamoci) . Non vuole solo rimandare la sua morte – e penso che stia parlando della parola “morta” – vuole che sia rimandata fino all’ora stabilita. Questo senso di un tempo futuro è trasmesso attraverso la famosa riga successiva , perfettamente giambico tranne che per il finale femminile, quella sillaba non accentata in più alla fine del verso, che le permette di scorrere perfettamente nel verso successivo, che inizia con un trochee accentato della prima sillaba. La ripetizione di “domani” serve due finalità: crea il ciclo del linguaggio, il tempo che trascorre giorno dopo giorno; inizia anche una serie di ripetizioni verbali (che abbiamo visto in precedenza nel dramma) che continua nella riga successiva con suoni ripetuti “passo piccolo” e le parole ripetute “giorno per giorno”. Questi suoni ripetuti continuano a scorrere nel tempo come un orologio che ticchetta, con giambi perfetti (quattro dei quali completano questa linea), una perfezione metrica interrotta dalle due sponde che aprono la linea successiva (anche se si potrebbe sostenere che il primo piede è trochee) , che anche meravigliosamente, ironicamente, elide le ultime due sillabe della parola “sillaba” stessa.
Si insinua in questo ritmo meschino dal giorno al giorno
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All’ultima sillaba del tempo registrato,
La linea rallenta con le forti sollecitazioni, ma poi scorre rapidamente attraverso una parola polisillabica , richiamando l’attenzione sul linguaggio e sul concetto di “tempo registrato” … e un record, un ricordo, è una sorta di raddoppio. È come se questa linea fosse quella che lo rallenta, lo fa riflettere, gli fa capire cosa è successo. La riga e mezzo successiva prende il concetto poetico di più domani e lo giustappone con “ieri”, che crea una luce per gli sciocchi. L’oscurità del suo mondo senza di lei è implicita. La poesia restituisce anche i ritmi ai giambi, terminando la frase di nuovo con consonanza (“morte polverosa”). La frase successiva (sulla stessa riga dopo una cesura, o pausa) inizia di nuovo con due sponde consecutive, usando parole monosillabiche fino alla fine femminile della riga. Questo lo rallenta. Ora sta interrompendo la linea, non il contrario. Con “Spenta, spenta, breve candela!” quella luce per gli sciocchi si è spenta, e lui è rotto:
La strada per la morte polverosa. Fuori, fuori, breve candela!
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La vita è solo un’ombra che cammina, un giocatore scadente
e ciò che segue è trochee, iamb, trochee, caesura, iamb, trochee. I ritmi spezzati di un uomo distrutto. Un uomo che vede la sua esistenza come un’ombra in un mondo già oscuro, come un attore che interpreta la parte di un vero uomo.
Ironia della sorte, potrebbe essere rotto, ma non piegato. La riga successiva, fatta eccezione per le due sillabe “ora” elide in una, è giambica e piena di suoni ripetuti (“struts and frets”; e “struts … stage”), che continua ciò che era iniziato la riga prima (” giocatore povero “); questa frase termina con uno spondee “non più”. Anche la storia, la vita del giocatore, giunge al termine. L’ultima frase del discorso, dopo un trochee iniziale, è relativamente giambica, salvo due elisioni e un finale femminile, riportandolo così alla regolarità poetica, alla normalità. Se il giocatore non è che un’ombra, il suo drammaturgo non è migliore, un semplice “idiota” (ma nemmeno uno intero, poiché la parola di tre sillabe è elisa a due sillabe nel verso). La frase e il discorso terminano bruscamente con “niente”, prima della fine della sua riga. La pausa alla fine ci permette di prendere tutto questo, di interiorizzarlo. È anche un’opportunità per l’attore di prendere fiato, un mezzo- pausa di linea, prima di dover tornare alla sua preparazione bellica, quella che porterà alla fine, alla negazione di molti.
La tregua è finita.
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* Scrivo questo (o almeno la prima bozza) domenica, festa del papà, il primo senza il mio.